La pandemia ha cambiato le nostre abitudini e il nostro modo di lavorare, come si è adattato e modificato il mondo della ristorazione?
È passato poco più di un anno da quando il mondo è cambiato; un anno dove le abitudini delle persone che sembravano consolidate per sempre sono state travolte da una pandemia che, alla data odierna, ha provocato 117.573.007 di casi confermati e 2.610.925 morti, di cui poco più di 100.000 solo in Italia. Numeri che nessuno poteva immaginare solamente un anno fa.
Non solo vittime umane, anche l’economia mondiale ha risentito pesantemente di questa maledizione, con situazioni contrastanti tra aziende e settori che difficilmente si potranno riprendere e professioni che hanno, invece, visto dei balzi di fatturato giganteschi: un caso per tutti le piattaforme digitali tipo Zoom che ha visto il proprio fatturato crescere del 326% rispetto a quello precedente, toccando i 2,6 miliardi di dollari.
In tutto questo il settore dell’agroalimentare ha vissuto una situazione complicata: in Italia l’intero settore vale oltre 522 miliardi di euro, pari al 15% del PIL nazionale ed è il comparto che ha tenuto di più nel 2020, grazie al risultato record dell’export (46,1 miliardi di euro), perdendo solo l’1% rispetto al -11,5% del settore industriale.
Perché complicata? Perché, mentre il retail ha visto una crescita forte dei consumi il fuori casa (ristorazione, pizzerie, bar) ha perso il 48% del fatturato, con una perdita complessiva di 41 miliardi di euro. Per fare un esempio, si stima che 300 milioni di chili di carne bovina, 250 milioni di chili di pesce e frutti di mare e circa 200 milioni di bottiglie di vino non siano mai arrivati nell’ultimo anno sulle tavole dei locali.
Non è facile dare risposte, non è facile parlare di questo mentre intere famiglie probabilmente dovranno affrontare difficoltà immense per la perdita del posto di lavoro, dell’attività.
I ristori ci sono stati certo, la ristorazione è il settore che probabilmente ha avuto più ristori ma anche qui non è tutto oro quello che luccica; infatti la ristorazione fa parte di una filiera dove sono coinvolti produttori agricoli, industrie e artigianato alimentare, distribuzione. E proprio questi ultimi, i distributori, non hanno ricevuto alcun tipo di ristoro e sono spesso loro che, con tolleranze sui pagamenti, hanno aiutato più di tutti il settore della ristorazione.
Un quadro complesso da decifrare che, però, vede il settore in grado di ripartire subito non appena si risolverà con il vaccino la pandemia. La prova è nel desiderio immenso di socialità che anima ognuno di noi; in questo anno abbiamo capito che i rapporti umani sono alla base della qualità della vita, lo abbiamo visto all’inizio della pandemia e lo sentiamo dentro in queste settimane difficili.
Socialità vuol dire anche luoghi, e il ristorante o la pizzeria sono preposti, oltre al buon cibo, ad essere privilegiati in questo. Uno degli aspetti più evidenti è nella modalità di consumo che si sta affermando in queste ultime settimane: dove si può stare fuori a pranzo le persone si attardano (nel fine settimana) restando a tavola fino al pomeriggio inoltrato.
In questo contesto sono molte le cose che sono cambiate in questo anno, a cominciare dall’atteggiamento dei clienti verso la ristorazione: e molti di questi cambiamenti resteranno anche quando la vita sarà tornata alla normalità.
Vediamoli:
Ecco quali saranno le risposte da dare d’ora in avanti, chi, tra i ristoratori, sarà capace di organizzare il proprio lavoro con questi semplici criteri avrà partita vinta. E quando si tornerà a viaggiare, a incontrare gli amici, a godere della bellezza italiana i ristoratori e i pizzaioli che avranno adeguato la propria offerta a queste esigenze diventeranno parte integrante di una nuova qualità della vita.
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